Per ricordare la scomparsa di Alessandro Manzoni (7 marzo 1785 – 22 maggio 1873), mi piace ricordare una parte del capitolo XXXIV che mi ha colpito profondamente, per l’accuratezza linguistica e per la capacità di suscitare nel mio animo emozioni intense e vivide. Si tratta del capitolo in cui Renzo entra da Porta Nuova a Milano e viene scambiato per untore (sospettato di diffondere la peste). La parte interessata è quella in cui Renzo è testimone oculare di una scena commovente, in quanto vede una mesta figura di madre che:
<Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci e veniva verso il convoglio una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa e vi traspariva una bellezza velata ed offuscata, ma non guasta, da una gran passione e da un languor mortale (…) Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a cedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera, spenzolava da una parte con una certa inanimata gravezza e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno (…) Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però di insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo disse no! no, non me la toccate ora, devo metterla io, su quel carro: prendete. (…) Poi continuò: promettetemi di non levarle un filo d’attorno, né di lasciare che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così.>
I protagonisti della breve scena sono una donna, mamma di una bimba morta di peste chiamata Cecilia ed un’altra di cui Manzoni non cita il nome, che sta per morire. Sullo sfondo ci sono i monatti, persone burbere, immuni alla peste, perché già superata, che però colpiti dall’atteggiamento dello donna si sono rivelati molto gentili con lei. Renzo vede la donna di cui sopra scendere lentamente dalle scale. La donna tiene in braccio una bambina di 9 anni morta di peste, la bambina è vestita con il vestito della domenica, bianco tutto ricamato, come se dovesse andare ad una festa; sua madre la posa con molta delicatezza sul carro dei monatti, salutandola. La donna si fa promettere dal monatto di non toccare la bambina, di non violare il corpicino esanime. Il brano è come un raggio di poesia e bellezza, all’interno del triste quadro che rappresenta la città di Milano, inginocchiata al cospetto della peste.
Scrivere bene è un gioco da ragazzi
Aforismi
- Lo scopo della vita non è vincere. Lo scopo della vita è crescere e condividere. Quando ti accadrà di guardare indietro a ciò che hai fatto nella vita, troverai più soddisfazione dai piaceri che hai portato nella vita degli altri che dai momenti in cui li hai emarginati e sconfitti. Harold Kushner
- Vivere per gli altri, non è soltanto la legge del dovere, ma anche la legge della felicità. Auguste Comte