Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare. 4
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare. 8
Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova; 11
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira. 14
Si tratta di un sonetto di Dante Alighieri, che costituisce uno degli esempi più significativi della poesia del Dolce Stil Novo. E’ tratto dalla Vita Nuova, un’opera mista di prosa e poesia scritta tra il 1282 e il 1293, nella quale Dante narra il suo amore spirituale per Beatrice.
Testo
Nella prima quartina Dante descrive le virtù interiori ed esteriori di Beatrice, che si manifestano nel suo saluto e nel suo sguardo; gli effetti straordinari del suo passaggio provocano la paralisi dei sensi: gli occhi non osano guardare, la lingua è incapace di esprimersi (ritorna qui il motivo dell’ineffabile, «ciò che non si può esprimere»: R4 e R7). Nella seconda quartina, la donna passando fra le lodi unanimi dei presenti rivela la sua natura di miracolo divino.
Nelle terzine si mostrano ancora gli effetti straordinari della sua vista e della sua bellezza, che infonde pensieri di una dolcezza inesprimibile e fa sospirare gli uomini.
Parafrasi
La mia donna appare tanto nobile e onesta, quando ella saluta la gente, tanto che tutti stanno in silenzio e gli occhi non osano guardarla. Mentre ella cammina, anche se si sente lodare conserva un atteggiamento umile; ella pare essere una creatura discesa dal cielo sulla terra, per mostrare la potenza divina. Si mostra così bella a chi la guarda, che tramite gli occhi trasmette una dolcezza al cuore che chi non la prova non può capire e sembra che dal suo volto provenga un soave spirito d’amore che dice all’anima: Sospira.
La metrica e lo stile
Il sonetto è costituito da due quartine a rima incrociata (ABBA, ABBA) e da due terzine a rima invertita (CDE, EDC). Le quattro strofe sono occupate ciascuna da un periodo.
Caratteristico dello stile di Dante è il prevalere dei verbi (ve ne sono da uno a tre in ogni verso a eccezione del penultimo). Il verbo «pare» costituisce la parola chiave del sonetto: esso compare nella I, II e IV strofa, e con un sinonimo è presente anche nella III («mostrasi»). Tale verbo, tuttavia, non ha il significato di sembrare, come nell’italiano attuale, ma quello di apparire in piena evidenza, il che sottolinea ancora di più il carattere di manifestazione miracolosa che connota la figura di Beatrice.
Lo stile espressivo è sobrio e composto, di tono elevato, e scorrevole; i periodi sono ampi, il ritmo lento e solenne, atto a rappresentare il carattere e l’aspetto di Beatrice.
Da notare la ripetuta presenza di proposizioni consecutive (I e III strofa: «Tanto… che»; «… sì… che…») che accrescono la tensione della descrizione e creano un effetto di simmetria.
Figure retoriche
- Sono presenti termini arcaici (ogne, deven, lauda, vestuta, spirto)
- Allitterazioni: “Tanto gentile e tanto onesta pare/la donna mia quand’ella altrui saluta“; “da cielo in terra a miracol mostrare./Mostrasi sì piacente a chi la mira”
- Endiadi vv 1-2: “Tanto gentile e tanto onesta pare”
- Iperboli vv .3-4-: “ch’ogne lingua deven tremando muta,(da considerarsi come una metafora iperbolica)/e li occhi no l’ardiscon di guardare.”
- Metafora v. 6: “d’umiltà vestuta”
- Perifrasi vv. 7-8: ” cosa venuta/ da cielo in terra a miracol mostrare” = angelo, creatura angelica
- Similitudine vv .7-8: “e par che sia una cosa venuta/da cielo in terra a miracol mostrare”
- Sineddoche v. 12: ” labbia” per intendere “volto”
- Enjambements vv. 1-2; 7-8; 12-13
- Poliptòto vv. 8-9: “mostrare/mostrasi”
- Paronomasia vv. 6-7: “vestuta/venuta”
Strumenti per l’analisi del testo poetico